BRIVIO
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Brivio in età romana
I ritrovamenti archeologici di Brivio, un'ara sacra, diverse anfore, una lucema, sono indizio della sua esistenza già in età romana.
Il villaggio (vicus), che deve la sua fortuna alla vicinanza del fiume Adda, continuò la sua vita anche in epoche successive. Dall'area del castello provengono alcuni sarcofagi in serizzo, di epoca tardoantica, i lacerti di una pavimentazione con un portico e una capsella d'argento del V secolo, che rivelano la sua persistenza.
Brivio si inseriva in quella fitta rete abitativa costituita da villaggi e fattorie, che caratterizzava, in epoca romana, il paesaggio lecchese e, in generale, quello di tutta l'Alta Lombardia. I rinvenimenti archeologici nel territorio, legati per lo più alla sfera funeraria, riflettono per il tipo di distribuzione (tombe riunite in piccoli gruppi o isolate) proprio questo tessuto abitativo che andava a ricalcare quello più antico di tradizione celtica. La composizione dei corredi funerari, fino ad ora ritrovati nel Lecchese, rivela un modesto tenore di vita degli abitanti e un tessuto sociale omogeneo. Dovevano essere, per lo più, piccoli agricoltori, artigiani, braccianti, pastori e probabilmente, come nel caso di Brivio, barcaioli per i trasporti sull'Adda.
Nel 1902-1903 furono scoperte casualmente dall'ingegnere Gilardi, durante i lavori di sterro per la costruzione di una strada di accesso alla fornace Sesana, allora in costruzione, due probabili piccole fornaci circolari, una lucerna fittile romana e alcune monete in bronzo. Nel 1934 il signor Sesana, in prossimità della sua fornace, riprese a scavare per cercare banchi di sedimenti argillosi, di cui la zona è ricca, e in quell'occasione furono recuperati diversi laterizi romani (mattoni, coppi, tegoloni) e un frammento di vaso. Nel 1938, infine, emersero i resti di un forno di cottura di epoca romana, che testimonierebbero la presenza di una attività produttiva nel vicus. Dalla stessa zona proviene anche una testina fittile, unico esempio di coroplastica romana lecchese.
Lavori in corso alla fornace Laterizzi romani Tegoloni e coppi romani Testina fittile
Lavori in corso Fornace Sesana, Brivio 1938
Archivio fotografico Musei Civici di Lecco
Laterizzi romani Fornace Sesana,
Brivio 1934
Archivio fotografico famiglia Sesana
Tegoloni e coppi romani Fornace Sesana,
Brivio 1934
Archivio fotografico famiglia Sesana
Testina fittile (I-II sec. d.C.)
Fornace Sesana, Brivio 1934
Archivio fotografico famiglia Sesana
 
Brivio e le fortificazioni nel lecchese tra tardoantico e altomedioevo
Tra il V e il VI secolo d.C., la continua pressione dei barbari ai confini dell'Impero rese necessaria la realizzazione, al di qua delle Alpi, di un sistema difensivo fortificato. Furono costruiti dei castra in punti ritenuti di importanza strategica, in aree subalpine e collinari, lungo laghi e fiumi, per difendere la rete di comunicazioni e per proteggere Milano, diventata capitale dell'impero tra il 286 e il 402. Il territorio tra il Lario occidentale e L'Adda settentrionale aveva una rilevante importanza sia per la presenza dell'Adda, collegamento con il Po e quindi con il mare, sia per il passaggio dell'asse viario che univa Milano alla Rezia e Aquileia a Como.
I Goti, arrivati in Italia nel 488, riutilizzarono in parte le fortificazioni tardoromane esistenti e in parte ne costruirono ex novo per presidiare il territorio. Questa rete di fortificazioni era costituita da centri con funzione esclusivamente militare e da insediamenti polifunzionali, come Monte Barro e Monte Brianza. Brivio, la cui esistenza è archeologicamente documentata fin dalla prima età imperiale, si inserisce in questo sistema difensivo. Con il VI secolo alcuni centri, come Monte Barro, esaurirono la loro funzione, mentre altri, tra cui Brivio, sopravvissero, diventando sedi amministrative e giurisdizionali.
Dal IX secolo assistiamo al fenomeno dell'incastellamento. Lo stato di continua guerra tra le famiglie dominanti fece sorgere nei luoghi strategici castelli e torri, spesso sulle precedenti fortificazioni tardoromane. Risalgono al X secolo i documenti a noi noti nei quali si nomina per la prima volta il castello di Brivio. La pergamena più antica che ne attesta l'esistenza è il testamento del nobile longobardo Alcherio, Signore di Airuno, che, nell'anno 960, dona alla chiesa plebana di Sant”Alessandro un pezzo di terra situato nel “..víco Brivio et dicitur ad fossatum”. Questo terreno confinava, infatti, a oriente con il “fossatum castri”, a sud e ad ovest con la strada.

Cartina con le fortificazioni tardoantiche e altomedioevali nel lecchese di G.P. Brogiolo, 2007
muro torre
Particolare del muro di una torre nel cortile del castello di Brivio datazione imprecisabile
Archivio famiglia Villa
Rilievo
Rilievo fatto eseguire dalla famiglia Villa durante i lavori nel cortile del castello di Brivio
Archivio famiglia Villa
Edifici
Edifici II, III, IV, V, Monte Barro,
in Archeologia a Monte Barro, 2001
  
La pieve di Brivio e la prima comunita' cristiana
Agli inizi del V secolo, quando ormai il Cristianesimo si era consolidato nelle città, iniziò un'opera di penetrazione nelle zone rurali, più restie ad accogliere la nuova religione, che si fondava su principi teologici di difficile comprensione e non più sui cicli stagionali della terra. Questo processo di evangelizzazione fu potenziato con la costruzione di una rete di chiese battesimali e di edifici sacri, che assolvevano anche L'importante funzione di punti di aggregazione per i proseliti.
Verso la metà del VI secolo L'organizzazione religiosa nelle campagne, ormai completata e formalizzata, era costituita dalla chiesa battesimale, alla quale erano subordinate le altre chiese o cappelle esistenti nell'area, dal battistero per il battesimo ad immersione degli adulti e dalla casa dei canonici. Le chiese battesimali di campagna erano guidate da un prete, inviato dal vescovo, che si dedicava alla vita religiosa e alla formazione dei fedeli.
A Brivio l'esistenza di una vita cristiana è testimoniata dal V secolo.
Nel 1888, in occasione di alcuni lavori per la fognatura all'interno del castello di Brivio, sotto l'altare dell'antica chiesa di San Giovanni Battista, furono trovati i resti di un impianto più antico della chiesa e, in un loculo, una capsella figurata con iconografia tratta da tematiche paleocristiane.
La prima menzione scritta di una chiesa plebana a Brivio risale, invece, al 960. Nell'atto amministrativo con cui Alcherio, signore di Airuno, dona un pezzo di terra alla chiesa, si legge “..in venerabilem ecclesiam plebis Sancti Alexandri de Brivio”. Nel Medioevo la chiesa battesimale, capopieve, dedicata a San'Alessandro, comprendeva un territorio con circa quaranta chiese al di qua e al di là del fiume, che allora non era considerato confine, bensì punto nodale di un vasto territorio gravitante sull'Adda.
Brivio catasto Laminette in argento Capselle
Brivio, catasto teresiano, 1721, disegno a penna acquarellato.
Archivio di Stato di Como;
foto di Saini, 2005
Laminette in argento con raffigurazioni di santo (V-VI sec. d.C.) da Garlate,
chiesa di Santo Stefano,
foto di H. Tocchetti. 2002
Capselle in stucco, marmo e argento (V-VI sec. d.C.)
Civate, basilica di San Pietro al Monte,
foto di C. Pozzoni, 1994
 
Brivio e la viabilità
Il Lecchese ed il Comasco, posti tra le Alpi e la Pianura Padana, hanno una configurazione geografica privilegiata, per la presenza di laghi e di fiumi e per la loro posizione di transito verso l'oltralpe. La rete viaria, sia di terra sia d'acqua, ha permesso fin da epoca romana la circolazione di merci e di uomini, da o verso i paesi transalpini o verso la pianura. In età romana l'asse portante della maggior parte dei traffici era spostato verso Como e verso la sponda occidentale del Lario, da cui partiva la “via Regina”, che arrivava in Rezia (attuale Tirolo, parte della Baviera e della Svizzera) attraverso i valichi alpini. Nel resto della Brianza, invece, e del Lecchese non c'erano percorsi di grande viabilità. Il territorio era attraversato da strade locali, in terra battuta, che risalivano sia la valle del Lambro, fino ad Erba, sia quella dell'Adda, sino a Brivio. La zona intorno a Brivio non fu più isolata dalla metà del III secolo d.C., quando fu aperta una nuova direttrice che, seguendo un tracciato pedemontano, partiva da Verona e si dirigeva verso Como passando per Brescia e Bergamo. All'altezza dell'Adda il percorso poteva proseguire per la presenza ad Olginate di un ponte, di cui restano visibili alcuni piloni in mezzo al fiume. Sembra che da Brivio passasse anche una strada secondaria che partiva da Milano e attraversava Monza, Vimercate e Imbersago. L'Adda, navigabile anche se non completamente, cominciò a costituire un importante collegamento dall'altomedioevo, quando i traffici commerciali in Italia Settentrionale preferirono le vie d'acqua imperniate sul Po, mentre il Lario funzionava come essenziale idrovia diretta verso i valichi alpini, rappresentando la via più rapida per raggiungere i passi del Septimer e dello Stelvio.
schema viabilità Ponte romano tabula peutingeriana
schema della viabilità di età romana imperiale
elaborata da M. Dolci, 2007
Resti del ponte romano di Olginate,
foto di N. Degrassi, 1946
Particolare della Tabula Peutingertana, segmento III,
Vienna, Biblioteca Nazionale
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